venerdì 25 novembre 2011

Quando la verità non è diffamazione: due casi

Di Carolina Cutolo

Editori e tentativi disperati di salvare la faccia (tosta)

Come sapete la politica di Scrittori in Causa non è quella di fare processi agli editori truffaldini (non è questa la sede), ma segnalare i comportamenti scorretti che alcuni editori adottano principalmente (ma non solo) nei confronti di scrittori esordienti e dunque spesso privi di strumenti non solo per riconoscere ed evitare le trappole, ma anche e soprattutto per firmare un contratto con cognizione di causa. Il nostro scopo è fornire informazioni e contribuire alla consapevolezza degli autori. Per questo motivo non ci interessa fare i nomi delle singole case editrici e aizzare la gogna mediatica, perché si rischia di dare l'idea che il problema sia il singolo editore e che basti evitarlo, mentre la questione fondamentale è imparare a difendersi e ad orientarsi da soli nell'universo editoriale.

Fatta questa importante premessa, ci sembra giusto che ciascun autore decida insindacabilmente se tacere su un delicato contenzioso ancora in corso (e lasciar lavorare la magistratura fino alla sentenza) o se invece denunciare pubblicamente non solo il comportamento scorretto ma anche il nome di un editore che lo ha danneggiato, senza timore di minacce o peggio denunce/querele per l'eventuale danno d'immagine all'editore in questione. L'importante, come sempre, è l'attenzione ai termini che si utilizzano, per non rischiare di sostenere inavvertitamente il falso. Ma se un editore non mi ha pagato entro i termini stabiliti dal contratto ed io lo scrivo sul mio blog, non è diffamazione, è la verità. Se un editore mi ha chiesto dei soldi per pubblicare il mio libro ed io scrivo sul mio sito che mi ha chiesto dei soldi per pubblicare il mio libro, e che questo non è un comportamento da casa editrice bensì da tipografia, non è diffamazione, è la verità.

A questo proposito vi segnaliamo due casi di querela in cui il tribunale ha dato ragione all'autore e torto all'editore:

Tribunale di Ancona: Gastaldi contro Pequod
Si legge nella sentenza riportata dal Gastaldi:
“L’autore si è limitato insistentemente ad affermare che i diritti d’autore non gli erano stati corrisposti, cosa del resto vera. Non può dirsi diffamatorio l’intento di denunciare e far sapere ai propri lettori e simpatizzanti che i diritti d’autore a lui dovuti e di cui lui vive non gli sono stati pagati malgrado l’accordo contrario preso. Che un autore che della vendita dei suoi libri non ha visto un centesimo ed afferma nel blog di non aver visto un centesimo non può essere considerato diffamatorio [...] e non è una notizia che lascia insensibili gli ammiratori di quello scrittore il fatto che a lui non sia pagato quanto dovuto, ovverosia che la percentuale dei sedici euro spesi per il libro che il lettore sa che deve andare allo scrittore in realtà non gli è corrisposta. La notizia è di interesse generale, per i lettori, che quando comprano un libro vogliono indubbiamente che lo scrittore abbia la giusta percentuale che gli spetti”.

Tribunale di Bologna: Il Filo contro Bianciardi
Si legge nell'ordinanza:
“Gli altri posts richiamati in ricorso trattano, tutti, in maniera critica, l'attività della società Il Filo associandola a quella dei c.d. “editori a pagamento”, e ciò al fine di mettere “in guardia” i giovani autori esordienti dalle false promesse di quelle case editrici che si offrono di pubblicare le loro opere solo a fronte di un esborso di denaro e che di “editoria vera e propria non hanno nulla”, atteso che “sono solo e soltanto degli stampatori”. Dato l'argomento trattato, e considerata l'ampia fascia di giovani autori interessati all'attività della ricorrente, non vi è dubbio che le opinioni espresse dagli utilizzatori del blog fossero sicuramente di pubblico interesse. Considerato il contenuto dei detti posts appare, allo stato, rispettato anche il requisito di verità. Gli articoli di stampa prodotti in copia dal Bianciardi appaiono, infatti, confermare che il modus operandi della ricorrente fosse effettivamente quello denunciato sul blog […] mentre risulta privo di riscontro quanto sostenuto dalla società Il Filo e cioè che, grazie ad essa, “autori meritevoli”, normalmente “esclusi da ogni sbocco editoriale”, avrebbero la possibilità di avere “accesso alla pubblicazione al di fuori di ogni presentazione, referenza o intermediazione” (riconosce peraltro Il Filo che negli annunci da essa pubblicati su diversi quotidiani nazionali non è stata fatta menzione del richiesto contributo alle spese di editoria)”.

Concludendo: se un autore denuncia in uno spazio pubblico il comportamento scorretto di un editore nei suoi confronti, non è l'autore a diffamare l'editore, ma l'editore a diffamare se stesso ogni volta che viola gli impegni contrattuali o lascia intendere il falso con una pubblicità ingannevole.

Carolina Cutolo